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Coltivare marijuana sul proprio terrazzo non è un reato

lentepubblica.it • 19 Ottobre 2016

marijuana_piantaLa coltivazione di una sola pianta di canapa o marijuana non costituisce reato in quanto tale produzione non costituisce pericolo per la salute pubblica. E’ quanto ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza del 26 settembre 2016, n. 40030.

 

Il Gup del Tribunale di Siracusa ha dichiarato, ai sensi dell’art. 428 c.p.p., il non luogo a procedere nei confronti di D.S.C. in ordine al reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, in concorso con altri, al medesimo ascritto (art. 110, art. 75, comma 5, in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, per unica piantina di marijuana detenuta in terrazzo con principio attivo di THC pari al 1,8%).

 

Il Tribunale per l’espresso giudizio ha ritenuto che la percentuale di principio attivo ricavabile dalla pianta, tale da garantire n. 12 dosi, ciascuna determinata secondo la dose media singola indicata dal D.M. 11 aprile 2006, in 25 mg., consenta ragionevolmente di apprezzare un uso personale della sostanza e, nell’esclusione di una possibile diffusione o ampliamento della coltivazione della stessa, escluda, altresì, la lesione al bene giuridico che la norma di previsione della contestata fattispecie intende tutelare.

 

La punibilità per la coltivazione non autorizzata di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti va esclusa soltanto se il giudice ne accerti l’inoffensività “in concreto” ovvero quando la condotta sia così trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità della droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa, restando in tal senso non sufficiente l’accertamento della conformità al tipo botanico vietato (Sez. 4, n. 3787 del 19/01/2016, Festi, Rv. 265740; Sez. 6, n. 8058 del 17/02/2016, Pasta, Rv. 266168).

 

Resta escluso quindi che rilevi ai fini dell’offensività della condotta e della correlata punibilità il solo dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, dovendosi valutare anche l’estensione e il livello di strutturazione della coltivazione, al fine di verificare se da essa possa derivare o meno una produzione potenzialmente idonea ad incrementare il mercato (Sez. 4, n. 3787 cit.).

 

Nella fattispecie, oggetto dell’impugnata sentenza di non luogo a procedere (art. 425 c.p.p. e ss.) è la coltivazione di una unica pianta di canapa indiana, curata in vaso e posizionata su un terrazzo di abitazione collocata in contesto urbano, evidenze che obiettivamente escludono che da detta coltivazione possa derivare quell’aumento nella disponibilità della sostanza stupefacente e quel pericolo di ulteriore diffusione che sono gli estremi integrativi della offensività e punibilità della condotta ascritta.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.

 

 

Fonte: Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione
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